venerdì 6 giugno 2008

1888 - 1999 Tramonto del paradigma cartesiano


C'è un filo sottile, praticamente invisibile, che lega ogni forma di cambiamento. Si produce un vero cambiamento quando si riesce a modificare il paradigma di base che influenza, controlla e domina lo sviluppo del pensiero logico-razionale finalizzato ad affrontare i problemi della vita e dell'esistenza.

"il paradigma svolge un ruolo allo stesso tempo sotterraneo e sovrano in ogni teoria, dottrina o ideologia. Il paradigma è inconscio, ma irriga il pensiero cosciente, lo controlla e , in questo senso, è anche sovracosciente. Il paradigma istituisce le relazioni primordiali che si costituiscono in azioni, determina i concetti, domina i discorsi e le teorie.." (E. Morin).

Viviamo ancora immersi nel paradigma cartesiano che si è imposto a partire dal XVI secolo, periodo in cui avviene l'immediato declino del pensiero alchemico. "Il paradigma cartesiano disgiunge il soggetto e l'oggetto, ciascuno con la propria sfera: da una parte la filosofia e la ricerca riflessiva, dall'altra la scienza e la ricerca oggettiva. Questa dissociazione tra interno ed esterno, soggettivo e oggettivo, anima e corpo, spirito e materia, qualità e quantità, finalità e casualità, sentimento e ragione, libertà e determinismo, esistenza ed essenza determina i Concetti sovrani e la relazione logica: la disgiunzione.

Questa visione determina un doppia percezione del mondo che si traduce di fatto in uno sdoppiamento dello stesso mondo. L'arte moderna nasce da questa precisa consapevolezza della disgiunzione determinata dal paradigma cartesiano in ogni aspetto della vita e della società.

Da una parte si percepisce un mondo di oggetti sottoposti ad osservazioni, sperimentazioni, manipolazioni, per cui l'arte imita il metodo scientifico sottoponendo l'oggetto ad una indagine logica/sensibile che gradualmente giunge a deformare la percezione oggettiva della realtà (Van Gogh). Dall'altra si "impongono" all'attenzione un mondo di soggetti che si pongono problemi di esistenza, di comunicazione, di coscienza e di destino (Gauguin) e sono in grado di rappresentare una diversa visione della realtà producendo immagini "semplici" e "intense", cariche dei simboli della trasformazione.

Esistono quindi, all'interno dell'universo creato dal paradigma cartesiano, due modalità di percezione che operano in forma disgiunta. Entrambe possono chiarire e accecare, rivelare e occultare, poiché in seno al'Arte Moderna si dibatte il tema del significato della verità oggettiva o soggettiva e l'eterno gioco della
verità.

L'Arte Moderna si configura come il tentativo della mente di superare ogni forma di dualismo innescato dal paradigma cartesiano, procedendo dai due estremi immaginari (oggettività e soggettività) verso un ipotetico punto di congiunzione centrale (il ruscello). Se si procede a studiare la distorsione della percezione generata dal paradigma nel subconscio, si può giungere a comprendere il processo che lega la percezione all'arte, l'arte alla coscienza e la coscienza all'azione finalizzata a un cambiamento del paradigma.

L'arte tende sempre all'unità sia cerebrale che biosocioculturale ed è, per sua intrinseca natura, una tecnica alchemica di ricomposizione del maschile nel femminile e viceversa.

Gauguin dipinge il cavallo bianco sulla riva di un ruscello. E' da solo, libero da ogni forma di giogo umano (sovracosciente). Simbolo della mente che integra la percezione simbolica della realtà nella visione oggettiva dei soggetti, il cavallo diventa l'emblema della liberazione della mente dall'influenza paradigmatica. Sullo sfondo i due cavalieri, metafora della dualità della percezione rivolta separatamente all'interno o all'esterno di se stessi, si allontanano nel silenzio enigmatico della foresta, luogo per eccellenza della manifestazione "iperconscia" della verità assoluta (Hans e Gretel)

martedì 29 maggio 2007

1110 -1330 - LA CULTURA ERMAFRODITA

Caravaggio, Estasi di San Francesco

Nei primi decenni del 1300 si assiste in Italia alla fioritura di una nuova sensibilità morale, etica ed estetica che prende avvio dalla diffusione di opere provenienti dalla Grecia classica e dalla radicale trasformazione socio - economica che investe le città italiane che conquistano l’autonomia di repubbliche.

In particolare Siena e Firenze diventano le capitali di una nuova cultura che spinge all’emancipazione non solo politica dallo Stato della Chiesa, ma soprattutto etica e spirituale. Contemporaneamente emergono individui che traducono in pratica ciò che Ruggero Bacone (1214-1294), un erudito che conosceva oltre il latino, l’ebraico, l’arabo e il greco, aveva intuito essere l’ ‘istanza più urgente’ dello ‘spirito del tempo’: il problema della conoscenza priva dell’esperienza diretta. In uno dei suoi libri afferma:
“Sono due i modi di conoscere , si conosce o per mezzo del ragionamento e, o per mezzo dell’esperienza. Il ragionamento ci porta alla conclusione o ci costringe ad ammetterla , ma non è in grado di darci certezza, né riesce ad allontanare il dubbio , acquietando la mente nella intuizione della verità se non quando riesce a trovarla mediante l’esperienza.., perciò non basta solo il ragionamento, ma è necessaria anche l’esperienza diretta.”

A differenza di quanto avviene nel resto d’Europa, l’emergere dell’individuo ‘ermafrodita’, cioè dell’individuo consapevole di poter percepire autonomamente la verità, di poter discriminare il vero dal falso sulla base dei propri sentimenti e conoscenze acquisite, si concretizza in Italia nella particolare esperienza dell’artista, del poeta e del letterato di desiderare di conoscere ‘direttamente’ la verità attraverso la pratica dell’Arte.
Nell’Europa dei primi due secoli del millennio la diffusione della cultura di ispirazione araba-orientale , proveniente dalle labili frontiere della Spagna, espande la consapevolezza collettiva in tre ‘filoni interpretativi’ che avranno un notevole influsso germinativo sulle scelte degli individui più sensibili.

L’esaltazione dei sentimenti d’amore presenti nelle liriche della poesia araba feconda nell’Europa del Nord il culto dell’ ‘amore casto e dall’amor cortese’ che ispirano i romanzi cavallereschi sul Grall, intrisi di simbolismo e di metafore ermetiche inerenti alla trasformazione della libido per mezzo della rinuncia erotica, della devozione del cuore e l’elevazione spirituale compiuta nel sacrificio dell’ego agli ideali di purezza e fraternità. In Italia, invece, l’esperienza mistica e alchemica di S. Francesco diviene il modello vivente della rinuncia alla libido, alla ricchezza materiale e al privilegio di nascita in grado di innescare e di portare a compimento il processo di trasformazione dell’identità ermafrodita nella consapevolezza trascendente dell’androgino.

L'androgino è in grado di integrare le energie femminili ‘lunari’ nella coscienza paterna ‘solare’ come esperienza concreta e praticabile capace di ristabilire l’armonia dell’essere con le creature della Natura, il Creato e l’Universo. Rinunciando all’identità sociale e libero dai legami materiali, dagli abiti sontuosi e dalle ricchezze paterne, Francesco assimila dalla ‘luce di Dio’ i contenuti filosofici orientali che sono il fondamento della teoria greca degli stoici, dei cinici e degli epicurei che pongono come condizione per il raggiungimento della saggezza la rinuncia al mondo.

“Se la salvezza non è di questo mondo, tanto vale rinunciarvi, e il rinunciante, (samnyasin), che si fa strada nella cultura indiana antica come colui che cerca la verità abbandonando la vita sociale e i suoi obblighi per dedicarsi alla propria ascesi individuale, è il prototipo dell’individuo. Il suo tratto specifico è quello di bastare a se stesso rinunciando al mondo sociale, condizione indispensabile per lo sviluppo spirituale individuale.” (Galimberti, Psiche e Techne). La percezione nel ‘cuore’ dell’Amore per Dio, per la donna o per la Natura, inteso come sentimento in grado di risvegliare l’anima , produce un immediato cambiamento nel ‘percorso evolutivo occidentale’ che ispira l’individuo a diventare un cercatore di verità, un pellegrino o un viandante in perenne viaggio alla ricerca della ‘fonte di salvezza’, oppure, come in S.Francesco, sospinge l’anima a cercare ‘alchemicamente’ dentro se stessa l’illuminazione ‘dello spirito’

L’elaborazione della conoscenza diviene, fra il 1110 e il 1330, un processo emotivo- cognitivo ‘itinerante’, intimamente connesso alle sensazioni e alle emozioni mistiche, estetiche e “evocative” percepite ed ‘esplorate’ con il corpo, strumento di redenzione o di dannazione dell’anima.